Ma dove sono finiti i miei soldi?

L’altro giorno passavo davanti a un enorme cartellone pubblicitario della CGIL e pensavo alle discussioni sul diritto al lavoro, chiedendomi, essendo spudoratamente di parte, se anche gli imprenditori abbiano lo stesso diritto.

Poi ascoltavo la radio viaggiando in autostrada per recarmi da una piccola media impresa, sentendo il parere politico di chi dice che si debba creare una organizzazione a tutela delle fasce piu’ deboli in Italia, interrogandomi sul fatto che, nelle intenzioni dei promotori, anche i piccoli imprenditori siano inseriti nel novero dei beneficiari di tale encomiabile iniziativa.

Ieri, alla prima lezione del Corso di Finanziamenti d’Azienda in Universita’, chiedevo ai ragazzi quale fosse il fine di un imprenditore, scoprendo rassegnato la loro ignoranza su questa semplice informazione.

Ora sto scrivendo in un bar, prima di recarmi in un’azienda, e leggo i giornali, osservando le statistiche sulle nuove poverta’, nelle quali non molti sanno che stanno rientrando tanti piccoli imprenditori e liberi professionisti, il popolo delle partite IVA.

Mi sto chiedendo se tutto l’apparato pubblico, dalla politica al Ministero delle Entrate, dalla Guardia di Finanza ad Equitalia, si rendano conto di cosa stia succedendo negli ultimi anni.

Sta succedendo che coloro che producono il reddito, e cioe’ gli imprenditori, non sono piu’ tecnicamente in condizione di produrlo, e di conseguenza di produrre posti di lavoro. Per cui, invece di preoccuparsi di discutere per mesi di riforme del lavoro e delle istituzioni, di cui francamente non importa a nessuno, sarebbero due le sole cose da fare, subito:
creare il motivo per cui un imprenditore debba investire, e dargli le risorse per farlo.

La prima cosa si chiama abbassare le tasse,
la seconda si chiama dare credito.

Sono le sole due cose che – statene certi – non verranno fatte.

Almeno, cosi’ ragionavamo ieri pomeriggio con un piccolo imprenditore, un galantuomo di una certa eta’, fino a quando non mi ha posto la fatidica domanda:

Senta un po’, ma lei mi sa dire dove sono finiti i miei soldi?

Preciso che si tratta di una storica piccola e media impresa di natura familiare, di quelle in cui tutta la famiglia lavora in azienda, percependo redditi non superiori a quelli dei propri operai, di quelle che hanno lasciato i soldi in azienda, di quelle che – lo affermo per aver fatto una analisi finanziaria del bilancio – hanno indici di forte equilibrio patrimoniale e finanziario.

E allora dove sono finiti i soldi?

Questa domanda e’ centrale, e presuppone una rivoluzione culturale.

Presuppone stupore di fronte al fatto che l’azienda ha corretti rapporti coi sindacati, tutela il lavoro, ma alla fine dell’anno, dopo aver tanto lavorato, si scopre che hanno guadagnato tutti tranne un solo soggetto: l’imprenditore.

Da una mia analisi ho dimostrato, infatti, che stimando il valore del capitale dell’imprenditore (e quindi dell’intera famiglia) ben avrebbero fatto a investire i propri denari in altre attivita’.

Tecnicamente, il denaro messo dall’imprenditore in azienda non e’ a costo zero, come molti pensano, ma ci sono modelli di stima del suo valore (calcolando uno spread tra il tasso zero, solitamente assimilato ai bund decennali tedeschi, e il costo del denaro in italia, dato dai btp decennali aumentati di un congruo premio al rischio moltiplicato per un fattore di rischio).

Risultato di tutta la faccenda:

Una impresa che, tecnicamente, esce in utile,
puo’ essere
– come e’ questa –
una impresa in perdita finanziaria.

Gli imprenditori mi hanno guardato straniti, sgranando gli occhi, mentre presentavo loro un modo diverso di fare i conti aziendali, salvo poi comprendere dove siano finiti i loro soldi, come mi stavano chiedendo.

Ma la domanda corretta – ho detto loro e dico a voi – non e’ dove siano finiti i miei soldi, ma un’altra: dove finiranno?

Il fatto stesso che voi, alla fine dell’anno, aprendo il cassetto lo troviate vuoto, e vi chiediate dove siano finiti “i vostri soldi”, non e’ solo indice del fatto che non sia ancora chiara la differenza tra vendere e incassare, tra ricevere costi e pagarli, tra una fattura e un guadagno, quanto di una cosa ben piu’ grave: che state viaggiando alla cieca.

Tutto questo ragionamento e’ centrale, poiche’ questa piccola impresa si sta recando in banca per avere un finanziamento, ovviamente motivato da carenza di liquidita’.

Quello che sto dicendo loro – e confermo su questo blog – e’ che tale approccio, che e’ cio’ che fanno credo il 90% delle imprese che conosco, e’ un grave errore.

Fare cosi’ e’ salutare quanto salire in macchina e viaggiare di notte contromano, sui tornanti di montagna, a fari spenti.

Non e’ solo un problema di avere soldi da una banca – questo problema lo risolviamo, ho detto loro – ma il punto e’ poi cosa ne facciamo.

Non e’ possibile porsi la domanda di dove siano finiti i soldi alla fine dell’anno, ma e’ una domanda che ci si deve porre ogni giorno dell’anno.

dove_soldi_01

Il cambiamento culturale necessario per passare dalla prima alla seconda domanda e’ epocale.

In periodi di vacche grasse potete permettervi di porvi la prima domanda, come quella famiglia ha fatto per decenni. In periodi di vacche magre dovete porvi la seconda, come quella famiglia fara’ da domani.

Significa fare pianificazione finanziaria, e non solo economica.

Tecnicamente, vuol dire non solo avere un budget delle vendite, ma anche un budget di finanza di medio lungo termine e di breve termine.

La vostra dimensione di vita e’ il futuro, non il passato.

Per me e’ centrale il numero 4:

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Sono due logiche complementari e necessarie.

Sono due cose da fare per andare in banca, perche’ i soldi della banca non sono “i tuoi soldi”, ma li devi restituire.

Tamponare una situazione di mancanza di liquidita’ senza fare una analisi del passato, volta pero’ a capire come cambiare il futuro, e’ inutile.

Sono stato molto brutale con quella famiglia, perche’ il mio ruolo non e’ quello di essere simpatico, ma utile. Allo stesso modo sono stato brutale in passato con tantissima gente.

Li ricordo tutti.

Madri che comperavano una tabaccheria al figlio (per dargli un lavoro):

Agricoltori che spendevano un patrimonio in un impianto di energia rinnovabile (perche’ produce reddito)

Costruttori che si indebitavano per fare un palazzo (perche’ poi lo vendiamo)

Padri che aprivano una seconda attivita’ (perche’ voglio lasciare qualcosa a mio figlio)

E infiniti casi di imprenditori che chiedevano una estensione dei fidi (perche’ poi rientriamo).

E allo stesso modo saro’ brutale coi lettori del mio blog: quando volete prendere altri soldi non potete non sapere dove siano finiti i vostri soldi.

Ma, soprattutto, non potete non sapere dove finiranno.

La ragione e’ che, quando sarete in difficolta’ – lo sapete bene – nessuno vi aiutera’: non la banca, non la CGIL, non Equitalia, non il Ministero delle entrate.

Quindi, non fatevi sconti, e non mettete la testa sotto la sabbia.
Al di la’ di come la pensano loro, io dico che e’ diritto di un imprenditore avere un lavoro e guadagnare.

Alla fine dell’anno, quel cassetto deve essere pieno, e lo dovete sapere prima di aprirlo.